mercoledì 9 dicembre 2009

Oscar Wilde- Il Ritratto di Dorian Gray




Figlio di una poetessa, Oscar Wilde nasce a Dublino nel 1854. Compiuti studi classici nella sua città e a Oxford si reca a Londra, dove per l'ingegno brillante e le pose stravaganti si impone presto nei circoli artistici e mondani. Viaggia molto: Francia, Italia, Grecia, Nordafrica.

Nel 1882 è negli Stati Uniti per un fortunato ciclo di conferenze. Dopo una breve e fallimentare esperienza matrimoniale, desta scandalo la sua relazione con lord Alfred Douglas. Ormai osteggiato dalla stessa buona società che vedeva in lui un idolo, subisce un processo e la condanna per omosessualità a due anni di lavori forzati (1895).


Il successo letterario è notevole fin dalle prime opere (Poesie, 1881). In seguito Wilde pubblica le favole per adulti Il principe felice (1888) e La casa dei melograni (1891).


Nello stesso anno escono i racconti Il delitto di lord Arthur Savile, due libri di saggi (Intenzioni; L'anima dell’uomo sotto il socialismo) e Il ritratto di Dorian Gray, suo unico romanzo, testo simbolo del decadentismo e dell'estetismo. E autore di commedie ancora oggi rappresentate in tutto il mondo: Il ventaglio di lady Windermere (1892), Un marito ideale e L'importanza di chiamarsi Ernesto (entrambe del 1895).


Il suo lavoro teatrale più celebre rimane tuttavia il dramma Salomè, scritto in francese nel 1891 per Sarah Bernhardt e successivamente musicato da Richard Strauss (1905).


Scrive durante la prigionia alcune fra le più belle pagine in prosa (De profundis, uscito postumo nel 1905), oltre alla Ballata del carcere di Reading, pubblicata nel 1898. Rifugiatosi a Parigi dopo aver scontato la pena, muore in miseria nel 1900.

Il ritratto di Dorian Gray (The Picture of Dorian Gray)

È un romanzo di Oscar Wilde, uscì originariamente nel luglio del 1890 sul Lippincott's Monthly Magazine, mentre nel 1891 lo stesso autore pubblicò sul The Fortnightly Review una prefazione al romanzo ("A Preface to The Picture of Dorian Gray"), per rispondere ad alcune polemiche sollevate dalla sua opera.
Nell'
aprile 1891 Wilde fece stampare in volume il romanzo, unendovi la propria prefazione. Per esigenze puramente commerciali, legate al gusto dell'epoca, l'autore revisionò il proprio romanzo e vi aggiunse molti capitoli (il 3°, il 5°, il 15°, il 16°, il 17° e il 18°) per rendere più "voluminosa" l'opera. Secondo alcuni critici, però, quest'operazione arrecò danno al romanzo originale, facendogli perdere spontaneità e una certa dose di mistero: per questo in alcune edizioni si può trovare ancora la versione originale.



Dorian Gray è un ragazzo affascinante, incantevole e non si può fare a meno di essere attratti dalla sua figura e dai suoi lineamenti perfetti. Diviene l’unica ispirazione del pittore Basil Hallward che un pomeriggio ne ritrae la bellezza nello studio dove ha inizio la storia. Sempre qui Dorian incontra il cinico e carismatico Lord Henry Wotton il quale gli si rivolge in questo modo:
“Avete un volto meraviglioso, signor Gray, non accigliatevi, lo avete. E la bellezza è un aspetto del genio, è più alta, anzi, del genio, perché non richiede spiegazioni.


E’ una delle grandi cose del mondo, come la luce del sole, o come la primavera, o il riflesso nell’acqua cupa di quella conchiglia d’argento che chiamano luna. Su di essa non si può discutere: ha un diritto divino alla sovranità, rende principi coloro che la possiedono. Sorridete? Non sorriderete quando l’avrete perduta… Si dice spesso che la bellezza sia cosa superficiale; può essere, ma non sarà mai superficiale come il pensiero.



Per me la bellezza è la meraviglia sovrana. Solo la gente mediocre non giudica dalle apparenze: il vero mistero del mondo è il visibile, non l’invisibile. Sì, signor Gray, gli dei sono stati benigni con voi, ma gli dei non indugiano a riprendersi quello che danno. Avete solo pochi anni per vivere realmente, perfettamente e pienamente. Quando la gioventù vi abbandonerà, la bellezza si affretterà a seguirla, e allora vi accorgerete a un tratto che non vi sono più trionfi per voi o dovrete contentarvi di quei mediocri trionfi che il ricordo del vostro passato renderà amari più che disfatte. Ogni mese vi avvicina, scomparendo, a qualche cosa di terribile; il tempo è geloso di voi e fa guerra ai vostri gigli e alle vostre rose. Si spegneranno i vostri colori, le vostre guance si incaveranno, gli occhi perderanno il loro lampo; e soffrirete tremendamente.”
Il giovane ed innocente Dorian lega subito con il vissuto Lord Henry, ammaliato dall'oratoria del suo interlocutore. Lord Henry invita il giovane a non sprecare il dono della bellezza e della gioventù, e di sfruttare tutto questo per iniziare una vita piena di esperienze.
Questi spinge Dorian Gray ad esprimere, in verità per gioco, un desiderio: desidererebbe che i segni della vita e dell'età comparissero non sul suo volto, bensì su quello ritratto da Basil, e in cambio di questo prodigio sarebbe disposto a ceder la propria anima. Ma quello che è nato per scherzo, si avvera.


Mano a mano che il giovane Dorian perde la sua innocenza, che accumula esperienze non sempre gratificanti, il suo ritratto acquista una ruga, o un'espressione maligna. Dorian Gray, quando se ne accorge, ne è spaventato e nasconde il ritratto in soffitta: nessuno dovrà sapere quanto è sporca la sua anima, quell'anima resa visibile dal ritratto.
Dopo molte travagliate vicende, compreso l'assassinio dell'amico pittore Basil, (perché lo riteneva responsabile del "sortilegio") la sua corruzione è massima ma conserva ancora una faccia innocente che gli procura la simpatia della gente.
Stanco del suo triste segreto, voglioso di dimenticare e di poter cominciare un nuovo capitolo della propria esistenza, ed essere realmente buono decide di distruggere l'odiata tela. Ma il ritratto è custode della sua anima e il pugnale che la mano di Dorian muove per distruggerlo finirà per colpire egli stesso.


Caduto a terra morente, il suo volto riacquisterà le sue naturali fattezze, mentre il dipinto liberato dalla diabolica anima tornerà a risplendere la giovinezza di trent'anni prima.



Wilde celebra il culto della bellezza, dell’arte come somma espressione dell’uomo e lo fa sia nei suoi scritti, sia con la sua condotta anticonformista e antivittoriana. La vita è un’opera d’arte ben riuscita; la vita imita l’arte; la vita è il risultato dell’arte secondo Wilde. Da qui la ricerca del piacere da un lato e lo stile di vita disinibito e dissoluto dall’altro.


Questo libro è il simbolo di un’epoca, a ragione identificato come il capolavoro del decadentismo e dell’estetismo. Contrasto tra apparenza e essenza, tra ciò che è visibile agli occhi e ciò che è intimamente nascosto in ognuno di noi.


Personaggi
Dorian Gray, giovane bello e innocente all'inizio del racconto ma poi, dopo aver desiderato di non invecchiare mai diventa una persona crudele.


Lord Henry Wotton gli fa aprire gli occhi sulla sua bellezza e allora Dorian desidera di restare giovane in eterno. Ogni volta che compie un'azione scorretta, non sarà lui a mutare ma il suo ritratto. E' in qualche modo il diavolo tentatore. È lui che rende Dorian Gray una persona spietata, tutto ciò accade soltanto perché lo fa accorgere di tutto ciò che potrebbe fare tramite il suo aspetto rassicurante ed innocente.
Basil Hallward, pittore amico di Dorian che lo ha reso un pittore di alto livello grazie alla sua presenza influente. Ha degli stimoli omosessuali verso il ragazzo dal nome Dorian, ma l'unica cosa che riesce ad ottenere è una coltellata nella nuca, quando Basil prega Dorian di ravvedersi per il male compiuto.
Alan Campbell, chimico legato a Dorian che si è in qualche modo sacrificato per lui.
Sibyl Vane, la ragazza di cui Dorian si innamora e con la quale non riesce neppure a stabilire un contatto fisico
James Vane, il fratello di Sibyl, che dopo la morte della sorella tenta di uccidere Dorian Gray.


« Now, wherever you go, you charm the world. Will it always be so?... »
(Lord Henry Wotton, «Il ritratto di Dorian Gray»)
(IT)
« Ora, ovunque andiate, voi incantate il mondo. Sarà sempre come oggi?... »

(
EN)
« The moral life of man forms part of the subject matter of the artist, but the morality of art consists in the perfect use of an imperfect medium. »
(Oscar Wilde, dalla Prefazione a «Il ritratto di Dorian Gray»)
(
IT)
« La vita morale dell'uomo è il materiale dell'artista, ma la moralità dell'arte consiste nell'uso perfetto di uno strumento imperfetto. »

Il ritratto di Dorian Gray si configura come un eccellente capolavoro della letteratura inglese e come una vera e propria celebrazione del culto della bellezza. Una ‘professione di fede’ che Wilde tende a fare propria e a perseguire nell’arco della sua intera esistenza, sia attraverso la sua produzione artistica che per mezzo della sua condotta decisamente anti-Vittoriana e anti-conformista, sprezzante del buonsenso e dei canoni della morale borghese.
La vita per Wilde, si configura infatti come un’opera d’arte ben riuscita. Wilde opta quindi per il rovesciamento del principio secondo cui è l’arte che imita la vita, trasformandolo nel presupposto per il quale è la vita ad imitare l’arte.


La vita è pertanto prodotto e risultato dell’arte. Di qui l’importanza attribuita all’apparenza e al dominio dei sensi, che perviene quindi all’estetismo (dal greco, ‘percepire con i sensi’), atteggiamento tipicamente wildiano (ma anche dannunziano) e caratterizzato dalla concezione di un arte fondamentalmente fine a sé stessa (art for art’s sake).
Un’esperienza, quella
estetica, che non sempre si rivela giusta e retta. La visione della vita come arte implica infatti da un lato la ricerca del piacere, ovvero l’edonismo, dall’altro uno stile di vita disinibito e dissoluto che porta allo sfacelo morale e, nel caso di Dorian Gray, al crimine.
La storia di Dorian è la storia di un ragazzo particolarmente bello, il quale, proprio in virtù del suo straordinario fascino, viene dipinto in un quadro dal pittore Basil. Dorian viene però anche plagiato e iniziato al culto della bellezza dall’esteta Lord Henry, il quale gli spalanca contemporaneamente le porte del Male, ribadendogli più volte: «La vita ha in serbo tutto per voi. Non c’è nulla che voi non possiate ottenere, con la vostra straordinaria bellezza.»


Mentre Dorian contempla la sua bellezza fedelmente raffigurata nel quadro esprime, quasi innocentemente il desiderio che il dipinto possa portare al suo posto i segni del passare del tempo, in modo che la sua bellezza originaria si possa mantenere per sempre intatta e inalterata. Il ‘patto col diavolo’ però si realizza e, mentre il quadro porta i segni dell’età che avanza, l’anima di Dorian porta quelli della progressiva decadenza morale, alla quale l’eccessiva dedizione al culto del bello (ma anche la lettura del romanzo À rebours di Huysmans) lo ha condotto.




Scrive Wilde nel romanzo: «Niente ti rende così vanitoso come sentirti dare del peccatore»; e ancora: «Il peccato è una cosa che si legge nel volto di un uomo. Il peccato non si può nascondere.»
Wilde descrive in queste righe la decisione di Dorian di coprire una volta per tutte il quadro, orrenda testimonianza della dissolutezza e della bruttezza morale del suo soggetto.
«[...] uno splendido tessuto del tardi settecento veneziano [...] poteva servire ad avvolgere quell’orrore [il quadro]. Ora avrebbe coperto una cosa che aveva una putredine propria, più decomposta di un cadavere – che avrebbe nutrito orrori, e non sarebbe mai morta. Quello che i vermi sono per il cadavere, i suoi peccati sarebbero stati per l’immagine dipinta sulla tela. Avrebbero invaso la sua bellezza, e ne avrebbero divorato la grazia. L’avrebbero deturpata, e resa ripugnante. Tuttavia la materia avrebbe continuato a vivere. Sarebbe vissuta in eterno.»
E una donna, vittima dei comportamenti licenziosi di Dorian dirà:
«Di tutti quelli che vengono qui è il peggiore. Dicono che si è venduto al diavolo per serbare un viso intatto. Son quasi diciott’anni che lo conosco. Lui non è molto cambiato da allora. Ma io sì” aggiunse, con una smorfia disgustosa.» «Me lo giuri?» «Lo giuro» disse la bocca sciupata, come un'eco rauca. «Ma non tradirmi» piagnucolò. «Ho paura di lui.»
Dorian è completamente dedito ad un culto estetico che si traduce in uno stile di vita vizioso e depravato, e che lo porta a compiere nequizie d’ogni genere, culminanti nell’omicidio di quello che Dorian ritiene essere il colpevole della sua depravazione, ovvero l’artefice del dipinto, Basil. Non sopportando più di scorgere nel quadro, da anni segretamente riposto in soffitta, il ghigno maligno della sua dissoluzione decide di disfarsi anche di esso ma, quando pugnala la tela, cade a terra morto.


Distruggendo il quadro Dorian pone fine all’altra parte inseparabile di sé, e quindi anche alla sua stessa vita, ricongiungendosi infine con la sua anima abietta e maligna.




Riguardo al romanzo Wilde avrà occasione di dire, in una lettera del 1894: “Basil è ciò che penso di essere. Henry è ciò che il mondo pensa di me. Dorian è ciò che io vorrei essere”. Ed è proprio in queste poche righe che si cela il quanto mai misterioso messaggio di Wilde, secondo cui, in definitiva, il solo personaggio del romanzo non è altro che lui stesso.

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