domenica 6 dicembre 2009

Blake, l'autore del romanticismo inglese

BLAKE
Abbiamo dedicato un paragrafo a parte per questo autore, che nonostante non fosse stato particolarmente apprezzato in vita, risulta essere affascinante e misterioso; caratteristiche che trasmette anche ai suoi lavori. Le opere che conobbero maggiore diffusione fra i contemporanei furono le raccolte di Songs of Innocence and of Experience, la prima delle quali fu stampata in soli ventidue esemplari, mentre nel volume che le comprendeva entrambe vennero tirate ventisette copie.
Le liriche di Blake possono e devono essere considerate legate alla tradizione innologica della poesia inglese. Le fonti e gli influssi letterari di questo autore spaziano dalla Bibbia e dalle strutture epiche d’ispirazione biblica di Dante e Milton alla poesia moraleggiante per l’infanzia di Isaac Watts; dagli inni di Charles Wesley alle testimonianze dell’eccentrico, visionario e mistico svedese Emanuel Swedenborg. Sotto molti punti di vista la sua produzione è eclettica e sincretistica al tempo stesso. Le sue opere sono pervase dal simbolismo, dalle immagini e dalle espressioni profetiche della Bibbia; tuttavia, come traspare dal poema Milton, Blake si identifica sia con l’autore di Paradise Lost, sia con gli angeli, caduti e non, che popolano la sua opera.
Blake affermò di avere ottenuto da Dio il dono della visione e di essere capace di tradurre le sue “illuminazioni” in disegni in cui si fondevano immagine e parola. Per quanto di ispirazione visionaria, questi disegni raggiungevano il pubblico al termine di un processo laborioso; lui, che aveva studiato l’arte dell’incisione, trasferiva il testo scritto di una poesia su una lastra di rame, correlandola di illustrazioni o decorazioni; poi provvedeva alla colorazione. Le “profezie” di Blake, hanno dato adito a molte interpretazioni, contorsioni o distorsioni critiche; in ogni caso, rimangono opere singolari, affascinanti, elusive e, talvolta, magnificamente irritanti e taglienti.
Forse la sua poesia più famosa ed enigmatica nella sua intraducibilità è The Tiger, proprio per questo abbiamo deciso di riportala qui a emblema dell’opera blakiana:
Tiger! Tiger! burning brightIn the forests of the night,What immortal hand or eyeCould frame thy fearful symmetry?In what distant deeps or skiesBurnt the fire of thine eyes?On what wings dare he aspire?What the hand dare seize the fire?And what shoulder, and what art,Could twist the sinews of thy heart?And when thy heart began to beat,What dread hand? and what dread feet?What the hammer? what the chain?In what furnace was thy brain?What the anvil? what dread graspDare its deadly terrors clasp?When the stars threw down their spears,And watered heaven with their tears,Did he smile his work to see?Did he who made the Lamb make thee?Tiger! Tiger! burning brightIn the forests of the night,What immortal hand or eyeDare frame thy fearful symmetry?[1]
[1] English Poetry II: From Collins to Fitzgerald. The Harvard Classics. 1909–14.

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