domenica 6 dicembre 2009

Dalla Restaurazione al '700 (Primo)

DALLA RESTAURAZIONE AL 700

Nel periodo che va dal 1660, anno della restaurazione al trono di Carlo II, fino all’ultimo decennio del Settecento, la varietà di forme e l’esuberante ricchezza degli stili poetici che avevano caratterizzato la poesia e il teatro rinascimentali furono attenuate da nuovi criteri di razionalità e buon gusto, misura e chiarezza. Significativa è la fama di cui godettero Ben Jonson e i suoi discepoli, che si erano ispirati proprio a questi principi, oltre che ai modelli classici greci e latini. La percezione di un singolare parallelismo tra una fase della storia di Roma e la monarchia inglese uscita dalla Restaurazione, oltre alla diffusa ammirazione per la letteratura latina del periodo di Augusto, incoraggiarono una poesia austera e solenne e condizionarono il gusto letterario del cosiddetto periodo “augusteo”, corrispondente al regno della regina Anna (1702-1714).
La reazione alle stravaganze poetiche e all’esigenza di chiarezza manifestata nelle indicazioni della Royal Society di Londra, fondata nel 1662 per promuovere la ricerca scientifica, furono determinanti per lo sviluppo di una prosa semplice e limpida, principalmente intesa come efficace strumento di comunicazione razionale. La stessa preoccupazione si ritrova nei grandi trattati filosofici e politici del tempo. Già all’inizio del XVII secolo, Francis Bacon aveva sostenuto l’importanza della ragione e della ricerca scientifica in due opere famose: il Progresso della conoscenza (1605) e il Novum Organum (1620), stabilendo una linea di indagine successivamente ripresa e approfondita da John Locke e David Hume, convinti assertori dell’esperienza come base di ogni processo conoscitivo.
Nel pensiero politico, l’accettazione incondizionata del diritto di governare concesso al sovrano da Dio (concezione diffusa nel Rinascimento) aveva rapidamente ceduto il passo allo scetticismo, tanto che Thomas Hobbes, nel suo Leviatano (1651), sentì il bisogno di giustificare razionalmente il concetto di assolutismo politico. Secondo Hobbes, il diritto a regnare proviene al sovrano da un indissolubile contratto sociale, stabilito per assicurare la pace e il progresso materiale al popolo. Più oltre andò John Locke, stabilendo che l’autorità di chi governa deriva dal consenso, sempre revocabile, di chi è governato, e che il solo vero fine di tale autorità deve essere il benessere del popolo.

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